Una semplice domanda, non solo agli addetti ai lavori ma anche agli amministratori di montagna ai vari livelli ed ai politici (anche loro ai vari livelli): in Italia siamo preparati per affrontare una possibile fase nivometeorologica eccezionale, di quelle con Grado di Pericolo 5 – Molto Forte – della Scala Europea del Pericolo di Valanghe che magari dura per più giorni ?
Ci sono gli strumenti, tecnico-procedurali ma soprattutto legislativi?
Siamo nel 2009… quest’anno cade il decimo anniversario delle catastrofiche valanghe che, soprattutto al nord delle Alpi in Francia, in Svizzera ma in particolare in Austria, hanno spazzato via paesi e interrotto vie di comunicazione con decine di vittime e feriti.
I 31 morti il 24 Febbraio 1999 a Galtuer, piccolo paese del Tirolo Austriaco, sono ancora vivi nella memoria non solo di chi studia la problematica delle valanghe e proprio a Galtuer si terrà dal 18 al 20 Giugno prossimo venturo un importante Convegno Internazionale dal titolo “Valanghe dell’inverno 1999: esperienze e conseguenze nelle Alpi”.
Fortunatamente, il Periodo di Ritorno (cioè l’intervallo di tempo che passa tra il succedersi di un evento ed il suo ripresentarsi) di eventi valanghivi catastrofici su una certa area di montagne dell’arco alpino è abbastanza lungo, dell’ordine di almeno 30-40 anni o più… quindi non dobbiamo preoccuparci sino, almeno, al 2030-2040 ?
Le statistiche insegnano: si può stare senza vedere un evento per 100 anni e poi vederne tre di fila in tre anni.
In Lombardia, alla fine di gennaio del 1986, successe un episodio importante che passò totalmente inosservato, in quanto non ci furono, casualmente, vittime. Erano giorni e giorni che nevicava intensamente e da tutta la cresta del Grignone, la montagna che domina Lecco, si staccò un’enorme valanga nubiforme (3 kilometri di fronte) che, scendendo a folli velocità (oltre 250 Km/ora) investì e rase al suolo il Rifugio Mario Tedeschi al Pialleral, solida struttura in pietra costruita all’inizio dello stesso secolo. In quel momento nel Rifugio non si trovava nessuno.
Dopo poche ore sarebbe stato pieno di decine di persone: stavano salendo infatti i custodi ed il personale per aprirlo e per preparare una cena per i soci della proprietaria Società Escursionisti Milanesi (S.E.M.).
Sarebbe stato un disastro… tutti avrebbero perso la vita in quello che sarebbe stato l’incidente da valanga (conosciuto) più grave di tutte le Alpi. Triste primato per la Lombardia.
La Società proprietaria avrebbe voluto ricostruire in zona il Rifugio. Insistette fino al 1992, ma l’allora Nucleo Previsione e Prevenzione Valanghe della Regione Lombardia (oggi Centro Nivo-Meteorologico di ARPA Lombardia, n.d.r.) fece considerazioni tecniche e relazioni negative che non ne condividevano la ricostruzione né in quel punto, né in aree limitrofe.
Sentirsi dire di no ad una richiesta alla quale ci si tiene (per motivi storici e di affetto, soprattutto) non è mai gradito, ma bisogna avere il coraggio delle proprie azioni.
Nel febbraio 2009 la valanga del Grignone scese di nuovo, sempre nubiforme (fu anche filmata e presentata al mondo su Youtube, proprio dall’ex gestore del Rifugio stesso), ma sulla sua strada non trovò più nulla. E sono passati poco più di vent’anni.
Non vado oltre, altrimenti rischia di diventare la solita “morale”.
Però non sarebbe male che, ai livelli giusti, si prendesse coscienza di questo problema che, un giorno o l’altro, potrebbe diventare molto serio anche proprio sulle montagne di ognuno di noi… a meno di affidarsi al destino…
la speranza è sempre l’ultima a morire, dopotutto… e, a proposito di “sperare”, speriamo che non muoia proprio in valanga.
Dott. Geol. Giovanni Peretti
Il Direttore Responsabile
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