Una questione “scientifica” è sulla bocca di tutti, in questi tempi: quella legata all’evoluzione del clima. Se ne parla a vari livelli e naturalmente anche a quello divulgativo e di comunicazione. Spesso se ne straparla (straparlare sinonimo di “parlare a sproposito”, dal vocabolario italiano).
Sarà l’uomo (e sarà stato, in questi ultimi 150 anni) a modificare l’accentuato ed evidente cambiamento climatico di questi ultimi anni, o sarà un fenomeno naturale, legato all’alternanza ripetitiva nei milioni di anni dei valori che incidono sul clima ed in particolare, agli effetti pratici, sulla temperatura?
Ai posteri, come si suol dire, l’ardua sentenza.
Certo è che il comportamento dell’uomo, a volte proprio scellerato (anche, e soprattutto, oggi che ne siamo consapevoli) ha contribuito e contribuisce a rafforzare in modo evidente e deciso situazioni climatologiche che, per evoluzione naturale, in questo momento della vita della terra sono quasi a un culmine storico.
Perché questa “morale”? Direte voi.
Beh, perché in AINEVA, tra una spalata di neve ed una valanga, studiamo anche i ghiacciai, grandi indicatori dell’andamento climatico che, come detto, tanto va di moda in questi tempi.
E non è un caso, quindi, che questi studi ed approfondimenti si siano rafforzati in questi ultimi periodi.
Questo numero, su sei articoli che presenta, ne riporta ben due… anzi tre, inerenti il discorso legato all’andamento climatico: due sui ghiacciai, appunto, di cui il primo, di Margherita Maggioni e Michele Freppaz dell’Università degli Studi di Torino, Di.Va.P.R.A. – Laboratorio Neve e Suoli Alpini – e Ufficio Neve e Valanghe, Regione Autonoma Valle d’Aosta, con Paolo Piccini, Emil Squinobal, Hervé Jaccond e con il Magg. Silvano Gandino del Comando Truppe Alpine – Servizio Meteomont, tratta dell’“Evoluzione del manto nevoso su ghiacciaio in differenti condizioni meteorologiche”, traendo spunti interessanti dal Ghiacciaio di Indren nelle stagioni invernali 2002-03 e 2005-06.
Il secondo, di Andrea Fischer dell’Istituto per Meteorologia e Geofisica dell’Università di Innsbruck, tratta del “Ritiro dei ghiacciai ed effetti degli interventi di copertura” in cosiddette ”zone nevralgiche” (ovvero aree di comprensori sciistici su ghiacciai austriaci particolarmente interessate dal ritiro degli stessi) per auspicabile significativa riduzione della fusione del ghiaccio.
Il terzo, anch’esso molto interessante, ci illustra “PROALP – Rilevamento e monitoraggio dei fenomeni di Permafrost”, esperienze della Provincia di Bolzano.
L’articolo, scritto a più mani da colleghi della Provincia Autonoma di Bolzano, da ricercatori di Università tedesche ed austriache e da consulenti incaricati di seguire il progetto, illustra lo studio che ha come scopo quello di monitorare l’impatto delle mutazioni ambientali sulle aree di montagna interessate dal permafrost in modo da mettere a punto un database di informazioni per la valutazione dei rischi naturali legati alle zone interessate dal permafrost.
In questo caso, lo studio ha forti impatti applicativi in quanto le serie di dati forniscono una preziosa base per il processo di decision-making nella gestione del rischio relativamente all’evoluzione collegata ai fenomeni di permafrost.
Nei prossimi anni, in parallelo con il progressivo ed unanimemente riconosciuto estinguersi degli apparati glaciali, la materia verrà certamente approfondita.
Dott. Geol. Giovanni Peretti
Il Direttore Responsabile
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